Polvere
Devo la scoperta di Saverio La Ruina ad Assunta Sarlo, che potete leggere qui sopra. Per varie ragioni. La prima è che lei per prima vide "La borto" segnalandomi l'esistenza di un nuovo drammaturgo-attore di vero talento e originalità, la sua fantasia meticolosa, il suo studio teatralmente essenziale e però così ricco di sfaccettature di un ambiente, una condizione esistenziale, una cultura e una lingua, che ha anche un po' rielaborato.
Il secondo motivo è che se non avessi avuto alle spalle quattro lustri di frequentazione assidua della Calabria, frutto del nostro matrimonio, non avrei capito, linguisticamente parlando, ma non solo, quasi nulla degli spettacoli di Saverio, in cui le emozioni e, come si diceva una volta, il messaggio, passano moltissimo attraverso i gesti, la recitazione fisica, la luce, l'atmosfera, la musica anche, ma che di certo fanno prima di tutto perno sulle parole, su come sono dette, ripetute, sminuzzate, vivisezionate negli spettacoli, soprattutto nei suoi primi due primi e premiati monologhi (con l'Ubu, "Dissonorata"; con l'Hystrio e l'Ubu, "La borto"). Ma anche nei più recenti spettacoli come "Italianesi" e soprattutto "Polvere", dialogo sentimentale (in italiano) distribuito in più fasi temporali, che sicuramente vanno ascritti al teatro di parola.