Polvere
Saverio La Ruina
Saverio La Ruina
Jo Lattari
Gianfranco De Franco
Jo Lattari
Dario De Luca
Alza la polvere, come da titolo, confonde, sovverte. E lo fa in maniera inquisitoria chirurgica… quanto lontana dalle parole di Vittoria - protagonista de La Borto- e di Pasqualina – sempre lui Saverio a dar voce alla protagonista di Dissonorata – parole che erano viscere e sangue e coraggio e ironia, che erano meraviglioso dialetto calabrese che risuonava di mille storie, di mille vite. Che commuoveva, faceva ridere e piangere, che parlava – ebbene sì – di donne che, dentro al codice patrarcale, trovavano comunque una loro forza, una loro capacità di non arrendersi ad un destino già scritto: il piacere degli uomini, i figli non voluti, gli aborti clandestini, la legge del marito e del padre.
In Polvere invece spira un gran freddo e fredda è la lingua, italiano stavolta, parole del quotidiano di una coppia: Saverio nei panni del “carnefice”, Jo Lattari che vediamo illuminata dall’amore e poi via via, sempre più spenta, rannicchiata, piccola, arresa. davanti ad un sogno d’amore che diventa la ragnatela del controllo, della spiegazione, della denigrazione, della violenza distillata, una goccia alla volta. E, all’inizio, ci può anche confondere – Jo si confonde - e pensare che quello è amore, è desiderio, che cambierà, che tutto andrà per il meglio se non ci si tocca il collo, se non si sposta più una sedia, se si toglie un quadro, se si risponde, si spiega, si chiede scusa, non lo si fa più. Ma non basta mai…