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Diplomazia

fornasari
 
 
Qual è la vera posta in palio? Che cos’è a farci veramente paura? In Diplomazia scopriamo, grazie anche alla regia a quattro mani allusiva e pragmatica di Francesco (Frongia) e Elio, che la misura dei nostri timori usa il metro dei nostri desideri e dei nostri affetti più intimi. Se una mente, per quanto raffinata, fatica ad immaginare la tragedia di migliaia di persone estranee, riesce invece a comprendere perfettamente la perdita di una sola persona cara.

Ed è su questa paura che i due antagonisti trovano finalmente una via capace di colmare la distanza che li separa. Von Choltitz ammette di essere sotto il ricatto della Sippenhaft, una legge emanata da Hitler che usa le famiglie degli alti ufficiali come ostaggio per garantirsi la loro completa abnegazione. È un uomo in cerca di una via d’uscita e Nordling si aggrappa a questo per salvare un’intera città. Salvare qualcuno vicino per poterne salvare cento lontani sembra essere l’unica intuizione capace di far breccia nel rigore militare del generale tedesco e consentirgli di tornare a pensare, sentire ed agire da essere umano. Stiamo tutti respirando all’unisono quando aspettiamo la reazione del generale tedesco all’offerta del diplomatico di salvare la sua famiglia in cambio della salvezza di Parigi.

Diplomazia deriva da doppio. Il calcolo di un doppio vantaggio, di un vantaggio reciproco. E a questo punto penso di nuovo alla chiusura dei teatri. Al bisogno di salvare qualcosa che sembra poco ma che potrebbe valere molto. A una chiusura che suona come un doppio svantaggio, un calcolo a svantaggio di tutti, in particolare quelli che sono lì in sala, con le mascherine, a respirare all’unisono ma in sicurezza.