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L'eclisse

feniello
raccontato da
Flavio Feniello
 
di
Joyce Carola Oates
 
regia
Francesco Frongia

con

Ida Marinelli
Elena Ghiaurov
Cinzia Spanò
Osvaldo Roldan


costumi
Ferdinando Bruni

traduzione Luisa Balacco

produzione
Teatro dell'Elfo
 

A volte, per chiudere gli occhi su quelli che sono i nodi irrisolti delle nostre vite, delle nostre relazioni, ci mettiamo ad osservare quelli degli altri. Magari dei nostri vicini.

Assistendo a “L’Eclisse” sembra di essere affacciati ad una finestra sull’appartamento di Muriel (la madre) e Stephanie (la figlia): da qui, nascosti, ascoltiamo i loro scontri verbali, il loro allontanarsi e riavvicinarsi come in un'altalena.
Muriel è una ex professoressa di scienze che, a causa di un angioma al cervello, si chiude lentamente in un suo mondo, dove potersi rifugiare o dove godere di quello che le piace fare. Percorso per certi versi parallelo quello di Stephanie, che da donna di successo, pragmatica, vede svanire tutte le sue certezze, la sua forza, disorientata difronte al male oscuro della madre, che vorrebbe domare, o che non vuole accettare.

Questa eclisse è ambivalente: da un lato nasconde, crea ombre, o buio totale nel rapporto tra le due donne. Dall’altra porta alla luce, anche in modo violento, senza risparmiare nulla, i tanti punti irrisolti dei rapporti interpersonali, della storia di questa “famiglia” ( tra gli altri, il mistero sulla figura del padre, scomparso ma spesso nominato poiché Stephanie chiede con insistenza alla madre di svelarne l’identità).

E’ un eclisse che però non aiuterà a trovare una soluzione, una catarsi dalla quale rinascere per ricominciare: lascerà le due donne alla deriva, la madre nel progressivo degenerare della sua malattia, la figlia inchiodata, impotente difronte ad una situazione che non può gestire, con tutte le sue domande senza risposta.