La scuola delle scimmie
Però, ahimè, la questione è molto attuale, anche e soprattutto perché nel mondo occidentale sta arrivando
qualcuno che porta con sé, almeno nel suo substrato culturale, un’altra idea di Dio, altrettanto valida, o non
valida, ma comunque diversa.
Ecco, di questo, invece, mi sembra che lo spettacolo parli: che cosa accade all’uomo occidentale quando si scontra con una realtà altra, con una cultura altra, con qualcuno che, semplicemente, non la pensa come lui, non vive come lui? Cosa vogliono dire, ma veramente, al di là degli slogan elettorali, accoglienza, integrazione, inclusione? E, ammesso di capirne il senso, è davvero possibile accogliere, integrare, includere?
La nostra società apparentemente laica, libera, aperta lo è davvero? “Inclusione ma fino a un certo punto”, ci risponde la preside. Ecco, appunto. Evviva.
Torniamo, ora, alla citazione iniziale, che, poi, allarme-spoiler- allarme-spoiler, è una battuta di John Scoopes.
Ora, ci sono delle regioni evoluzionistiche che stanno dietro alla sua affermazione. Ma, al di là di esse, dal mio punto di vista l’affermazione ci serve per porci l’ultima domanda (poi mi taccio per sempre, giuro).
Questo meccanismo è presente in quasi tutti i dialoghi tanto che le risate tra il pubblico sono state numerose. Parlerei a buon diritto però di un riso amaro, dato che ogni volta che mi ritrovavo a ridere mi chiedevo se ne avessi il diritto dato che le situazioni erano palesemente tragiche.