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E io dico no

montedororaccontato da Marialuisa Montedoro
 
drammaturgia
Nando dalla Chiesa
Marco Rampoldi

con la collaborazione di Paola Ornati
 
con
Flavio Albanese
Pasquale Di Filippo
Gabriele Falsetta
Sergio Leone
Tommaso Minniti

regia
Marco Rampoldi

scene
Marco Rossi

 

Stasera so solo che si parlerà di mafia.

 

Entro al Teatro Studio Melato. A coprire il pavimento un grande telo bianco e una decina di sgabelli, di metallo credo, di varie altezze. Null’altro. Ma ecco che a poco a poco tutto si anima, prende vita, cambia forma, si accende, diventa dinamico e vibrante. Voci spuntano dove non te le aspetteresti, la parete di fondo si trasforma in grande schermo che da un volto alle voci inaspettate, dal pavimento fioriscono mappe stradali, e i santini bruciano.

 

Vibra per prima la calda voce di Sergio Leone “…sono dappertutto, invisibili, introvabili, e sempre presenti. Quando meno si pensa li abbiamo ai fianchi, alle spalle, in chiesa, per la strada, forse anche in casa…”

 

Un vago senso d’inquietudine mi pervade. E’ solo un attimo perché le luci si spostano su Gabriele Falsetta che mi trascina nel suo racconto e l’inquietudine lascia spazio alla curiosità. Sembra una favola ma non lo è; anzi, è proprio una brutta storia. Storia di mafia, storia di ‘ndrangheta. Storia d’iniziazioni, affiliazioni, infiltrazioni, di movimento terra e rifiuti tossici tombati a casaccio, di rotonde stradali che spuntano come funghi velenosi, di sequestri e di sanità compiacente. Storia di Platì che è a 1.250 km da Milano, ma anche di Corsico, sua gemellata, che è a meno di 10 km da dove sono seduta io in questo momento. Storia di Cosa Nostra, anzi di casa nostra.

 

Vibrano le voci, vibrano; in un rincorrersi di episodi e citazioni. E’ una squadra affiatatissima quella che porta in scena “E io dico no. Ogni notte ha un’alba”.