Depilazioni artificiali
Paolo Coletta
Gianni Staropoli
“Peli” è uno spettacolo intelligente perché con una contraddizione azzeccatissima scavalca i discorsi sui generi invertendoli: due uomini che interpretano due donne e che arrivano a spogliarsi di tutti gli orpelli che servono loro per raffigurarle (parrucche, abiti, gioielli, trucco), riuscendo tuttavia a essere credibili sempre e fino in fondo (un plauso ai bravissimi Alex Cendron e Alessandro Riceci).
Per lo spettatore i due attori maschi smettono di essere tali dopo pochi minuti: rimane la verità della loro interpretazione, due donne concrete, con la loro determinazione, le loro fragilità, i loro rimpianti. Il bizzarro inizio dello spettacolo, in un inglese sincopato da sit-com americana, bruscamente sostituito dall’italiano, sembra già indicare il meccanismo che lo governa, il desiderio di togliere i filtri, uno dopo l’altro.
Questi non sono i travestiti di una ridanciana commedia, anche se lo potrebbero sembrare. A poco, a poco, le verità emergono, sempre più urgenti, sempre più spietate. E al termine capisci di aver assistito a un processo di svelamento continuo, dove l’unica cosa che conta è l’assoluta onestà dei sentimenti.