Atti osceni
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raccontato da
Isabella Cacciari
di
Moisés Kaufman
regia, scene
e costumi
Ferdinando Bruni
Francesco Frongia
con
Giovanni Franzoni
Ciro Masella
Nicola Stravalaci
Riccardo Buffonini
Giuseppe Lanino
Edoardo Chiabolotti
Giusto Cucchiarini
Ludovico D'Agostino
Filippo Quezel
Isabella Cacciari
Moisés Kaufman
e costumi
Ferdinando Bruni
Francesco Frongia
con
Giovanni Franzoni
Ciro Masella
Nicola Stravalaci
Riccardo Buffonini
Giuseppe Lanino
Edoardo Chiabolotti
Giusto Cucchiarini
Ludovico D'Agostino
Filippo Quezel
Nel linguaggio quotidiano sentiamo parlare di processi spettacolo con riguardo al modo in cui stampa e televisione raccontano le vicende giudiziarie italiane ritenute degne degli onori della cronaca. Purtroppo, proprio in quanto tale, la spettacolarizzazione della giustizia maltratta le nobili categorie del diritto e spesso non rispetta la persona dell’imputato e la sua storia.
Nel caso di Atti osceni, pièce teatrale di Moisés Kaufman, messa in scena al Teatro Elfo di Milano nell’autunno 2017, dopo il debutto a giugno al Festival internazionale di Spoleto, assistiamo ad una ricostruzione precisa e drammatica, a più voci, dei tre processi che nel 1895 videro protagonista Oscar Wilde, qui interpretato profondamente da Giovanni Franzoni, e comprendiamo come la “giustizia” sia sempre stata, e sia tuttora, un affare estremamente delicato e nel contempo il campo di una partita che pretende strategie lungimiranti. Il primo processo è intentato proprio da Wilde, spinto dall’amante e amato Bosie, Lord Alfred Douglas, nei confronti del suo odiato padre, Marchese di Queensberry. Il Marchese, infatti, disgustato dalla relazione tra il figlio e il poeta, ha bollato Wilde con l’insinuazione infamante di “atteggiarsi a sodomita”.
Durante la rappresentazione assistiamo all’inesorabile china che terminerà con la morte civile dell’uomo e dell’artista, stritolato da un sistema di valori sociali puritani e bigotti, tanto radicati da esser considerati, nell’Inghilterra vittoriana del diciannovesimo secolo, crimini la cui commissione deve essere pubblicamente svelata e gravemente punita, con onta e disgrazia del colpevole.
Nel caso di Atti osceni, pièce teatrale di Moisés Kaufman, messa in scena al Teatro Elfo di Milano nell’autunno 2017, dopo il debutto a giugno al Festival internazionale di Spoleto, assistiamo ad una ricostruzione precisa e drammatica, a più voci, dei tre processi che nel 1895 videro protagonista Oscar Wilde, qui interpretato profondamente da Giovanni Franzoni, e comprendiamo come la “giustizia” sia sempre stata, e sia tuttora, un affare estremamente delicato e nel contempo il campo di una partita che pretende strategie lungimiranti. Il primo processo è intentato proprio da Wilde, spinto dall’amante e amato Bosie, Lord Alfred Douglas, nei confronti del suo odiato padre, Marchese di Queensberry. Il Marchese, infatti, disgustato dalla relazione tra il figlio e il poeta, ha bollato Wilde con l’insinuazione infamante di “atteggiarsi a sodomita”.
Durante la rappresentazione assistiamo all’inesorabile china che terminerà con la morte civile dell’uomo e dell’artista, stritolato da un sistema di valori sociali puritani e bigotti, tanto radicati da esser considerati, nell’Inghilterra vittoriana del diciannovesimo secolo, crimini la cui commissione deve essere pubblicamente svelata e gravemente punita, con onta e disgrazia del colpevole.