harvest
raccontato da
Matteo Salimbeni
Manjula Padmanabhan
e regia
Matteo Salimbeni
Fulvio Vanacore
Cecilia Campani
Giacomo Ranieri Marettelli Priorelli
Michele Mariniello
Carla Stara
Per casa Prakash c'è quella che grida, sgambetta, rintrona le mura, ritorce la gola in mille barriti sputacchi, per terra, e sino al soffitto. E' Ma, la matrona. La madre tormenta, la madre padrona.
Poi c'è una ragazza, che parla pochino e bassa la testa, la tiene di chino. Non dice: mugugna. Vedrai che un bel giorno, di tutto il silenzio farà un bel pulito e un urlo sarà, un urlo potente, altissimo, dritto. E' Jaya.
E poi c'è un ragazzo. Sposato con Jaya. Omino di pane. Un uomo buonissimo e stanco, un mezzo di uomo, che parla balbetta, che tira a fatica famiglia e carretta. La cosa che ama di più è sua madre. La ama di piena paura. E' il figlio di Ma, amato a sua volta da matti. Amato a tal punto che se lo terrebbe, sua madre, puntato appuntato sul petto. Coccarda, non figlio. Coccarda dei giorni di festa. Per casa Prakash c'è un vuoto grandissimo.
E' il vuoto lasciato da Jeetu. Il figlio minore, il figlio degenere, il figlio vergogna, bastardo, inetto e carogna. Sta fuori di casa, sui tetti, nel vento, girando da un uomo a quell'altro. Fa il corpo, il puttano. Che se la sua madre potesse tornare a rinculo nel tempo, se lo strozzerebbe neonato. Jeetu, il figlio di niente, il figlio nessuno, un libero parto del mondo.
In casa Prakash non gira un tozzo di pane. Si mangia a fatica. Si domina i morsi di pancia. I muri son fogli di calce. La stanza da bagno? Non c'è.