Animali da bar
Erika Carretta
Giovanni Berti
Fondazione Teatro della Toscana
uno spettacolo di
Carrozzeria Orfeo
Questo secondo me rappresenta il bar, lì si ambienta tutta la storia, e questo fa sì che alla fine di ogni risata arrivi sempre un freddo amaro lungo la schiena. Merito anche della scrittura di Gabriele Di Luca, che dopo un fuoco di fila di battute ciniche ci sospende a tradimento in momenti pieni di dolorosa poesia, che ricordano Bukowski e i fratelli Coen.
L’effetto, per il pubblico che si abbevera della storia, è quello di una sbronza di quelle bastarde, che all’inizio non si fanno sentire e gradualmente ti piombano addosso catturandoti senza speranza. Cominci lo spettacolo godendoti distaccato personaggi che non potrebbero mai essere te, e finisci aggrappato alla sedia, a trattenere il fiato per persone che in qualche modo sono tutte parte di te e in alcune scene, come la cena romantica fra Setti e Schiros e la roulette russa fra Setti e Pasino addirittura preghi con loro perché resistano, perché tengano tutto insieme, perché per una volta nella vita gli vada tutto bene.
“Nel bar si dice sempre la verità”, ci raccontano gli attori che affrontano temi come il bipolarismo, l’utero in affitto, la violenza domestica, il razzismo, l’inadeguatezza maschile e il suicidio con la leggerezza di una partita a flipper, riconfermando quello di Carrozzeria Orfeo come uno stile codificato con decisione e in continua crescita.