The Pride
Questa grande opera intensa e popolare soddisfa chi come me ha il bisogno di sentire che quello cui si sta assistendo sul palco lo riguardi. Perché andare a teatro se non ci siamo noi lassù su quel palco? Senza la pretesa che il teatro trasformi il Mondo, o lo salvi in qualche modo, è bello pensare che di tanto in tanto quella massa di gente che si agita in scena possa farci prendere coscienza anche solo per un istante di quanto stia accadendo ai nostri corpi e alle nostre anime. Una play che, nella costellazione dei testi teatrali, va a collocarsi là, un po’ a lato degli angeli hollywoodiani di Tony Kushner, tra le lacrime congelate in freezer di Edward Albee, sotto l’iridescente stella delle eroine tragiche di Tennesse Williams.
L’orgoglio del titolo è la minaccia latente al cammino per diventare sé stessi, come direbbe Foster Wallace, un fantasma dell’anima, mix di resistenze personali e pressioni sociali, che ci porta fuori strada, ci allontana dall’Amore, lui, sì, vero protagonista della pièce. Che bello questo spettacolo che, diciamolo senza vergogna, FA TANTO BATTERE IL CUORE. Almeno, a me.