Requiem per un lemming
Giulia Lombezzi
Martina Fusé
Anna Penati
Elena Scalet
regia
Delia Rimoldi
contributi audio
Gipo Gurrado
Cos’è un lemming? Ma soprattutto, è vero che i lemming praticano il suicidio di massa?
I lemming altro non sono che piccoli roditori molti prolifici, per nulla portati al suicidio. Eppure, nell’immaginario collettivo, principalmente per colpa di un “documentario” super-fake della Disney (https://www.youtube.com/watch?v=AOOs8MaR1YM ), i lemming a un certo punto della loro vita si butterebbero in folti gruppi in mare da altissime scogliere pur sapendo di non saper nuotare, e quel che è peggio lo farebbero di proposito, guidati da un istinto malato.
Da qui nasce la potente metafora utilizzata in “Requiem per un lemming” della brava (e in perpetua crescita) Giulia Lombezzi, questa volta alle prese con la drammaturgia: chi segue la massa, chi sceglie l’omologazione, chi è privo di spirito critico, chi soccombe al proprio bisogno di appartenenza al gruppo, ha altissime probabilità di annegare, sembra volerci dire Lombezzi.
Le tre protagoniste del Requiem, le favolose Scalet-Penati-Fusè, sono vittime inconsapevoli del loro bisogno di appartenenza e poco importa che la prima si consegni ai Santi, la seconda al Demonio e la terza a un non meglio precisato gruppo che rappresenta, in definitiva, tutti i gruppi.