Notturno
raccontato da
Danilo Di Termini
Filippo Renda
con
Alice Redini
Filippo Renda
Irene Serini
scene e costumi
Eleonora Rossi
musiche originali
Patrizia Rossi
disegno luci
Marco Giusti
regia
Filippo Renda
produzione CRASC
“Il teatro è finito…chiuso. Più niente da offrire. Senza più alcun ruolo nella cultura contemporanea, né nel nostro paese né in nessun altro”. Lo afferma perentoriamente un personaggio del romanzo letterariamente più complesso di Jonathan Coe, La Casa del Sonno, uno tra i molti inevitabilmente sacrificati, in “Notturno – La Ragione al sonno”, da una scrittura teatrale che accetta la sfida di dimostrare il contrario, con coraggio e incoscienza, qualità che fino a una certa età inconsapevolmente coincidono.
Frantumato da una riduzione che lascia emergere dalle macerie due soli personaggi il testo originale è quasi introvabile sulla scena nella quale scorrono fotogrammi di un film immaginario (forse il film perduto di Salvatore Ortese, il regista italiano oggetto della ricerca ossessiva da parte di un altro protagonista del romanzo); apparirà quando meno ve l’aspettate, come in un sogno ovviamente.
Nel rispetto della scansione originale Sara e Cleo ondeggiano avanti e indietro nel tempo e nello spazio, ma forse l’incubo ‘notturno’ nel quale sono precipitate non conosce né spazio, né tempo, ma solo il fluire in una scena fanta-horror che accentua il versante fantasmatico della rappresentazione.
Il surrealismo grottesco dell’inizio si trasforma in un realismo inquietante e onirico, con il dubbio di aver assistito a un sogno, a un delirio del regista che intervenendo nel finale ribadisce ulteriormente la sensazione. Morire, dormire. Dormire, forse sognare.