L'avversario
Roberta Faiolo
suono
Giuseppe Marzoli
produzione
Teatro dell'Elfo
con il sostegno di ERT - Emila Romagna Teatro Fondazione
si ringrazia Adelphi Edizioni
Forse lo sgomento di fronte alla scoperta che il libro è un copione, forse l'irriducibile bisogno (vizio, speranza) che tutto abbia un senso, l'istinto di salvare ciò che è rimasto intatto sotto le macerie dell'incendio. Ciò che, in mezzo all'inferno, non è inferno.
Da dove iniziare? Da Romand? "Non sono mai stato così libero, la mia vita non è mai stata così bella. Sono un assassino. La mia immagine agli occhi della società è la peggiore che possa esistere, ma è più facile da sopportare che i miei vent'anni di menzogne".
Da Carrère stesso? "Non credo che in generale la finzione sia dalla parte del falso, dell'impostura. Solo che per me, nel mio uso personale, sì."
La realtà e la menzogna, la verità e la finzione, la vita e il teatro. Simili e distanti anni luce. Ma Carrère le porta a coincidere e sovrapporsi...
Quanta realtà nutre le invenzioni del cinema italiano di questi ultimi anni. Quanta verità risplende attraverso la dichiarata finzione del palco. Dalla cronaca alla letteratura, in una ininterrotta dissolvenza tra la prima e la terza persona. Le voci dei morti e le parole dei vivi. Le parole le parole le parole.
Tutto era evidente (così sembra, con il senno di poi), ma nessuno vedeva, forse nessuno davvero guardava, forse solo ascoltava. Nemmeno, solo sentiva. Un pubblico compiaciuto, appagato da una comoda versione dei fatti, dall'abile spettacolo di una vita. Di una NON vita.