C'è un diritto dell'uomo alla codardia - Omaggio a Heiner Müller
raccontato da
Stefano Miceli
Renzo Martinelli
dramaturg
Francesca Garolla
testi di
Francesco Alberici, Stefano Cordella, Héléna Rumyantseva, Giulia Tollis
con
Liliana Benini, Cristina Cappelli, Daniele Crasti, Marco De Francesca, Giulia Mancini, Mauro Sole
luci
Mattia De Pace
produzione
Teatro i – TO PLAY
Da quanto tempo abbiamo paura? E per quanto ancora ne avremo?
Muller ci lascia impietriti con la potenza delle sue visioni, mentre i sei personaggi si muovono schizofrenicamente sul palco.
Nessuna via di scampo, nessuna speranza di redenzione. Presenziamo al nostro funerale attoniti, immobili.
Nessuna cura ha funzionato.
Non abbiamo più memoria, nessun ricordo di un passato, neanche di uno da idealizzare.
Il futuro è inutile, il nuovo non si contrappone più al vecchio. Il nuovo, semplicemente, non esiste.
Il presente avvizzisce su se stesso. Abbiamo paura dell’altro, cerchiamo di proteggere le nostre misere proprietà alla ricerca di finte libertà e di un anelito di immortalità.
Ma i muri eretti non reggono più e non ci sono parti giuste o sbagliate in cui trovarsi, perché non sappiamo più dove siamo.
ABBIAMO - FALLITO - IN - TUTTO.
Questo gridava forte Heiner Muller venti anni fa, ma noi abbiamo preferito non sapere. Questo gridano ancora i sei sul palco, alternandosi in perfetta armonia.
Noi continuiamo come sempre a rimanere impietriti, composti sulle sedie imbottite di velluto a contemplare le nostre ceneri, tutti ugualmente soli. Come una nave spinta dall’alito del vento vede sparire in lontananza il brulichio del porto, così tramonta per noi ogni forma di speranza.
Chiudere gli occhi non ha mai fermato la pioggia.