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Afghanistan: il grande gioco

miotto
 
regia
Ferdinando Bruni
Elio De Capitani

scene e costumi
Carlo Sala
 
coproduzione
Teatro dell'Elfo
ed Emilia Romagna Teatro Fondazione
in collaborazione
con Napoli Teatro Festival

 
Ho pensato a quanto poco ci sfiora, in questa epoca di overdose informativa, delle complesse vicende di un lontano e recente passato, che è parte delle spiegazioni del presente. E quindi un presente che troppo spesso diventa un oggetto di giudizio senza radici consapevoli di quel che è stato e delle dinamiche che portano a frettolose congetture o a triti e ritriti, spesso manichei, luoghi comuni. Ho pensato anche a quanto siano false le parole e le azioni della politica che ha portato uomini, armi e soldi in quel contesto, dispensando le solite bugie vestite a faccia seria, cravatte e giacche di buon tessuto del Palazzo. E oggi che le conosciamo e riconosciamo, perché svelate, non siamo capaci di dire basta a quelle che ci ripropongono con gli stessi abiti, le medesime facce.

 

Dei cinque quadri, l’ultimo è quello dell’intervista immaginaria. Najibullah, presidente fra il 1987 e il 1992, ha mani che grondano sangue, eppure il serrato dialogo, le parole, la recitazione ci portano a vedere un’umanità che è anche amore per una terra, che è la sua terra, non quella voluta da altri. Ci si ritrova a provare empatia per chi ha fatto ‘giustiziare’ migliaia di persone, perchi ha torturato e fatto torturare. E però anche questo forse è un bene, per grattare via quella nauseante patina di perbenismo che ci siamo cuciti addosso.

 

L’insieme è quello di una serata forte, che fa uscire con tanti pensieri, molte notizie in più e altrettante domande, oltre a dei dubbi importanti. E come sempre, quando appare il dubbio non c’è che da ringraziare tutto ciò che ha portato e concorso a farlo emergere.